Informazione: IPI, tragico bilancio reporter uccisi, ma new media sono speranza

0 0

“Lo scorso anno e’ stato il peggiore in termini di giornalisti uccisi”. A tracciare il drammatico bilancio, in un’intervista ad Aki-Adnkronos International, e’ Anthony Mills, vice direttore dell’International Press Institute (Ipi), con sede a Vienna. “I giornalisti muoiono in gran numero in Siria, in Pakistan, in Somalia, in Brasile…”, dice nella Giornata mondiale per la liberta’ di informazione, ricordando tuttavia come in un tempo brevissimo i nuovi media abbiano aperto nuove strade alle notizie, limitando le possibilita’ di censura.

Un totale di 70 giornalisti sono stati uccisi nel 2012, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, tra i quali 28 in Siria, 12 in Somalia, sette in Pakistan, quattro in Brasile. Ben oltre il 90% degli omicidi di reporter documentati dall’Ipi dai primi anni Novanta e’ rimasto senza giustizia e molto spesso i responsabili non sono neanche finiti sotto processo. Nel caso specifico della Siria, Mills spiega che prima della rivolta esplosa nel 2011, gli omicidi di giornalisti erano sporadici, per il semplice fatto che nel paese non esistevano media indipendenti e le minacce del regime erano un forte deterrente.

“Oggi fare il giornalista in Siria e’ ancora piu’ difficile – spiega Mills – perche’ e’ in corso una guerra civile e nel fronte degli oppositori si infiltrano sempre piu’ estremisti”. L’unico aspetto positivo, e’ che in Siria come nel resto del mondo i social media hanno creato un nuovo modo di fare informazione, piu’ difficilmente censurabile. “I new media hanno aperto una nuova strada alle informazioni, in un modo che prima era impensabile”, dice il vice direttore dell’Ipi, citando l’esempio della notizia dell’arresto e della tortura di due adolescenti a Daraa, che ha acceso la rivolta contro il presidente siriano Bashar al-Assad.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21