La morte di Uva e la caserma dei misteri

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Che cosa è successo la notte tra il 13 e il 14 luglio del 2008 nella caserma dei carabinieri di Varese? Giuseppe Uva vi rimase per tre ore, poi fu trasferito in ospedale e morì. Da anni i famigliari del 43enne chiedono di sapere, chiedono indagini, chiedono risposte ai troppi misteri e ai tanti dubbi che avvolgono questa vicenda .  Ma c’è anche una sentenza che invita a far luce:  il 28 giugno dell’anno scorso il giudice Orazio Muscato ha assolto un medico accusato di aver provocato la morte di Uva in seguito alla   somministrazione di un farmaco. Le cause del decesso vanno individuate “in una tempesta emotiva legata al contenimento, ai traumi auto e/o etero prodotti, nonché all’agitazione da intossicazione alcolica acuta”. Il tribunale, unitamente all’assoluzione del medico, ha inviato gli atti al pubblico ministero con particolare riferimento a quanto accaduto prima dell’ingresso di Giuseppe Uva in ospedale, ovvero a quanto successo nella caserma dei carabinieri. Le parole del giudice, scritte nella motivazione della sentenza, sono perentorie e non lasciano adito ad equivoci: “Costituisce un legittimo diritto dei congiunti di Giuseppe Uva, conoscere  se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all’ingresso del loro congiunto in ospedale, siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Giuseppe Uva, nei cui confronti non risulta essere staro redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia  per disturbo della quieta pubblica, è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all’interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della polizia) ed al cui esito Uva, che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica, verrà ritenuto necessitare di in intervento particolarmente invasivo quale il Trattamento Sanitario Obbligatorio.” Dunque secondo il giudice Orazio Muscato se si vuole stabilire con precisione le cause o le concause della morte bisogna ricostruire quanto è successo nella caserma, “occorre disporre della fotografia delle condizioni nelle quali versava Uva al momento del suo ingresso in ospedale, mentre del tutto superflui ed irrilevanti sono gli accertamenti tesi a verificare le ragioni in base alle quali è giunto in Ospedale in quelle condizioni”. E’ stata mai fatta questa indagine? Non è dato saperlo, perché se è stata condotta o se è ancora in corso, i suoi esiti sono sconosciuti, tecnicamente coperti del segreto istruttorio.  C’è un fascicolo aperto dal pubblico ministero Agostino Abate che risale al settembre del 2009 e sui cui non figurano persone indagate. Abate è lo stesso magistrato, pubblico ministero nel processo che ha assolto il medico, ed è a lui che il giudice si rivolge  con un invito pressante ad indagare e rendere noti gli esiti dell’inchiesta, senza per altro dimenticare di sottolineare alcune incongruità processuali e in particolare il clima di aperto dissidio con le parti civili, i loro avvocati e i periti nominati dal tribunale. “Un clima di accesa contrapposizione”. Aggiunge poi il giudice: “L’esame del pubblico ministero è stato nel complesso condotto con toni e modalità tali da indurre i periti in stato di soggezione, con ripetuti interventi del tribunale a ricondurlo nell’alveo delle regole proprie della normale dialettica processuale, a fronte  della lamentazione avanzata dagli stessi periti di venire sostanzialmente derisi”. Si raggiungono livelli tragicomici durante le udienze con  parti civili ad esempio espulse dall’aula per motivi di ordine pubblico, o con un perito che denuncia “il pubblico ministero mi ha soffiato in faccia”.

L’inchiesta sui misteri avvenuti nella caserma di Varese resta a tutt’oggi nelle mani del sostituto procuratore Agostino Abate e, nonostante gli inviti contenuti nella sentenza, non si hanno elementi di novità, dai possibili avvisi di garanzia fino alla richiesta di archiviazione. A sei anni dalla morte di Giuseppe Uva il rischio di prescrizione si avvicina e i legali della sorella Lucia hanno presentato richiesta di avocazione dell’indagine alla Procura generale della Corte d’Appello di Milano. Anche in questo caso si attendono decisioni nel rispetto dei tempi della giustizia italiana. Per chi volesse altri particolari in cronaca consiglio la visione del film “Nei secoli fedele” di Adriano Chiarelli disponibile su internet all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=HjdiBopK_ks.


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