Il coraggio di Malala. Libri al posto delle armi

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“Dateci penne oppure i terroristi metteranno in mano alla mia generazione le armi”. Così parlava la giovane pakistana Malala Yousufzai e per questo ieri un talebano le ha sparato proprio mentre andava a scuola. Un proiettile l’ha colpita alla testa, un altro – sembra  – al collo. Le sue condizioni sono molto gravi. A soli 14 anni Malala, era diventata un simbolo della lotta per il diritto allo studio per le bambine e le ragazze del Pakistan.
Un affronto inaccettabile per i talebani che hanno voluto spegnere la sua voce.

Era il 2009 quando Malala, sotto lo pseudonimo di Gul Makai, scrisse un diario per il blog della BBC urdu, pubblicato anche su un giornale locale. Erano i giorni in cui nella regione dello Swatt i talebani avevano preso il potere, chiuso le scuole private, vietato l’istruzione femminile, distrutto centinaia di scuole. Nel suo blog, Malala raccontava, giorno dopo giorno, cosa volesse dire per una bambina andare a scuola sotto il regime dei talebani.
3 gennaio: «Solo 11 compagne su 27 sono venute in classe oggi. Il loro numero diminuisce per via del bando dei talebani. Dopo il bando, tre mie compagne sono andate via con le famiglie a Peshawar, Lahore e Rawalpindi». E ancora: «Mentre tornavo da scuola, ho sentito un uomo dire “ti ucciderò”. Ho accelerato il passo e dopo un po’ mi sono girata per vedere se mi stava seguendo. Ma mi sono sentita sollevata quando ho visto che stava parlando al cellulare e stava minacciando qualcun altro al telefono».

La paura la accompagnava sempre, ma la voglia di studiare era più forte. Temeva di essere aggredita mentre andava a scuola. Per questo evitava la divisa scolastica e nascondeva i libri sotto lo scialle.
5 gennaio: «Mi stavo preparando per la scuola e stavo per mettermi la divisa quando mi sono ricordata che ci avevano detto di non usarla e di andare vestite normali. Allora ho deciso di mettermi il mio vestito rosa preferito. Altre ragazze a scuola avevano vestiti colorati. Durante l’assemblea ci hanno detto di non usare abiti colorati perché i talebani non volevano».

Nonostante la paura, Malala ha continuato ad andare a scuola e quando i talebani sono stati sconfitti è uscita dall’anonimato e li ha criticati pubblicamente in tv. Ha dato voce alle tante bambine e ragazze difendendo il diritto all’istruzione. Per questo il premier pakistano nel 2011 le ha dato un premio, per questo è stata candidata all’International Children’s Peace Prize, per questo i talebani le hanno sparato.
“L’abbiamo attaccata perché diffondeva idee laiche fra i giovani e faceva propaganda anti talebana”.
Malala lo aveva capito: per superare l’oscurantismo e l’estremismo serve una nuova generazione istruita. Come lei.


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