Morto il Cardinale Martini. “Credo in una tv che possa contribuire a rifare umana l’umanità” scrisse in una lettera del’91

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“Viene il tempo in cui l’ età e la malattia mi danno un chiaro segnale che è il momento di ritirarsi maggiormente dalle cose della terra per prepararsi al prossimo avvento del Regno.” Mi avevano molto colpito queste poche parole insieme ai tanti ringraziamenti che il cardinal Martini (nella foto mentre visita i detenuti del carcere di San Vittore) lo scorso 24 giugno aveva usato per salutare i suoi lettori del Corriere della Sera, il giornale sul quale per tre anni aveva tenuto una rubrica di lettere rispondendo con saggezza e lungimiranza ai tanti dubbi che gli erano stati posti. In modo semplice aveva annunciato a tutti che la malattia aveva avuto il sopravvento, che la morte ormai era vicina e che l’uscita dalla vita pubblica e il silenzio erano la scelta migliore per andarsene. Un grande esempio di sopportazione della sofferenza.

Sono tanti gli insegnamenti che ci lascia attraverso i suoi scritti e i suoi libri,ma noi giornalisti non possiamo scordarci di quella lettera pastorale del 1991 ”Il Lembo del Mantello” che parlava del ruolo positivo dei mass media ma anche dei pericoli che si nascondono dietro l’uso distorto della stampa e della televisione.

“I mass media possono così diventare il lembo non solo impolverato, ma strappato della veste di Cristo. Possono utilizzare il loro potere fino a far cadere la persona in una sorta di schiavizzante dipendenza dal dominio di chi li gestisce – scriveva il cardinal Martini- Si pensi soltanto alle possibili manipolazioni dell’informazione e ai condizionamenti che si possono esercitare sull’opinione pubblica e sulle sue scelte etiche e politiche. Per questo, un ottimismo di fondo verso i mass media suscita e promuove una vigilanza attenta e l’esercizio del discernimento critico”.
Si è parlato molto di quella lettera pastorale nella quale il Cardinale aveva intuito che la stessa Chiesa avrebbe dovuto educare all’uso dei mass media sfruttandone l’enorme potenzialità nella diffusione del suo messaggio pastorale.

“Mi chiedo – diceva – se non é il caso di dare ai media un posto centrale nel grande processo di rifare umana l’umanità. Non potranno essere almeno una frangia, un lembo del mantello, cioè del potere comunicativo e risanatore che è attribuito, nella grazia del vangelo, al linguaggio umano e alla comunicazione tra gli uomini?”

E’ questa la grande scommessa dei media su cui punta la Chiesa, affermava qualche anno più tardi nel ’96, durante un incontro con i dipendenti della RAI di Roma, durante il quale il Cardinale Martini tornò sul tema delle responsabilità dei mass media e fece una grande lezione sulle responsabilità che ha un servizio pubblico:

“…Si tratta di una responsabilità talmente grande, talmente importante, che definisce anche alcune prerogative del servizio pubblico e – diciamo così – alcune libertà specifiche che pure sono parte dell’attesa della gente: la libertà dalla schiavitù dell’audience e dalla dipendenza dal solo criterio del maggior guadagno. Queste libertà devono, di per sé, essere in qualche misura proprie di tutto il mondo dei media, e una società dovrebbe poterle esigere, quindi promuovere presso tutti coloro che entrano in questo campo. Una società può però affidare in maniera specifica a un servizio pubblico di essere garante di tali beni e di tale globalità, e di mostrare come una realtà mass mediale è capace di promuovere non soltanto se stessa, ma l’insieme di beni e di valori che sono essenziali per la convivenza civile.”
Se a tutta la comunicazione pubblica- disse- si chiedono livelli adeguati di qualità, intelligenza, eleganza, questi livelli sono tanto più attesi da un servizio pubblico che é anche chiamato a fare da contrappeso a tendenze degradanti. Non c’è infatti solo la banalità del male; c’è pure il male della banalità”.

Il Cardinal Martini in quell’incontro con gli operatori della comunicazione parlò anche del problema delle notizie drogate.

“So perfettamente – disse – che è difficile definire in astratto che cosa significhi l’oggettività di una notizia. Tuttavia è chiaro che esistono almeno delle graduatorie, delle
approssimazioni all’oggettività che definiscono una informazione come il più possibile corretta e onesta. Mentre l’audience, intesa in senso generale, può gradire una notizia drogata perché sensazionale, il pubblico, inteso in senso qualificato e cioè come colui che esige un servizio a favore dell’interesse di tutti, ricerca una notizia
oggettiva, corretta, onesta. Non sempre l’audience numerica equivale al pubblico reale, a quello che chiede il servizio e lo giudica; ed è a quest’ultimo che deve rispondere chi compie una funzione sociale di interesse comune.”

Era consapevole della sfida che aveva davanti il servizio pubblico di estrema attualità proprio oggi: “Mantenere ferma la natura di servizio pubblico che persegue e soddisfa esigenze e interessi di carattere generale e, nello stesso tempo, rispettare i vincoli di economicità, competitività e modernità, che garantiscono la sopravvivenza di un’impresa che agisce in un sistema di mercato, è una sfida che richiede, assieme ad adeguate strutture politiche e amministrative e ad elevati livelli e motivazioni professionali, anche una costante percezione e sintonia con le aspettative dei cittadini e della società”.

Ricordarlo con gratitudine è anche andarsi a rileggere le sue riflessioni sul ruolo del servizio pubblico e di chi ci opera. Il testo della lezione del Card. Martini lo potete trovare a questo indirizzo:

(Carlo Maria Martini: “Sull’uso dei cinque talenti, ovvero sul corretto rapporto tra media e società”)


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